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iò che in Occidente viene chiamato "velo" ed erroneamente si pensa sia stato introdotto dall'Islam esiste in realtà ben prima di esso. Una legge del XII secolo a.C. nella Mesopotamia assira sotto il regno del sovrano Tiglat-Pilesar I (1114 a.C. — 1076 a.C.) rendeva di già obbligatorio portare il velo all'esterno a ogni donna sposata. Esso appariva anche nel mondo greco, tant'è vero che Elena, moglie di Menelao, si velava per uscire. Nel mondo greco la condizione della donna prese a deteriorarsi ed ella subì la sua disfatta storica nel "secolo d'oro" di Pericle (V secolo a.C.). Solo le prostitute avevano all'epoca diritto all'educazione, mentre la donna "onesta" si velava per uscire. Questa situazione si riscontra in tutto il Mediterraneo,[1] tanto che ancora nel Medioevo si hanno notizie di tre donne (Accursia, Bettisia Gozzadini e Novella d'Andrea[2]) che nel XIII e XIV secolo ebbero la possibilità di tenere delle lezioni di Diritto all'Università di Bologna, ma soltanto a condizione che tenessero il corpo e il volto completamente velati. Nella Penisola araba preislamica la situazione della donna era notevolmente contraddittoria. Non pare vi fossero norme istituzionalizzate, in forza delle quali esse potessero reclamare precisi diritti. Eppure troviamo donne imprenditrici e notevolmente attive in campo politico (in un remoto passato si parlava non episodicamente di "regine degli Arabi"). Le bambine potevano occasionalmente essere sotterrate vive per motivi che ci sono rimasti del tutto oscuri e che sembrano coinvolgere la sfera religiosa, ma le donne godevano nondimeno di vasti privilegi in campo coniugale (poliandria mirante alla procreazione di fanciulli sani in caso d'incapacità maritale, possibilità di ripudio del marito e matrimoni a tempo predeterminato (mut'a), per il quale era assolutamente prescritto il libero consenso della donna e in base al quale l'eventuale figlio della coppia rimaneva al padre, che se ne assumeva ogni onere economico). A ridosso dell'Islam alcuni di questi istituti non risultano essere stati più validi: segno probabile di una rivalsa virile a discapito del ruolo muliebre ed è probabile che l'uso del velo, in questo periodo, fosse comunque abbastanza diffuso, sia pur non generalizzato come in seguito con l'affermarsi dell'Islam. Secondo alcuni il velo con l'Islam diviene il simbolo d'una dignità muliebre ritrovata, dal momento che la donna diventa soggetto di alcuni precisi diritti (alla dote, ad esempio, obbligatoriamente versata dall'uomo a tutela dell'eventuale vedovanza, ovvero del ripudio subito, senza dimenticare il diritto all'eredità, per quanto normalmente determinata nella metà della quota-parte riservata al maschio avente pari titolo giuridico), secondo altri l'obbligo del velo manifesta invece la subordinazione della donna rispetto all'uomo, vista come una sua proprietà e quindi costretta a nascondere il proprio capo a tutti gli altri uomini, se non a quelli della propria famiglia. La religione islamica chiede inoltre alle donne che si convertono di velarsi per essere distinte dalle donne di condizione servile.
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